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Il feudalesimo digitale

Siamo davvero liberi nel mondo on line?

Feudalesimo digitale: un’espressione metaforica utilizzata, negli ultimi anni, da sociologi e altri studiosi nell’ambito delle dinamiche sottese al rapporto tra strumenti digitali e società. Uno dei quesiti su cui si è più dibattuto è: siamo liberi nel mondo on line o siamo “servi” delle grandi piattaforme, che dettano regole, raccolgono dati e controllano i flussi di valore?

Cosa si intende per feudalesimo digitale

Non servono ulteriori prove a testimonianza del fatto che, nel mondo virtuale, ci sono pochi soggetti, big del mondo tech come Google, Amazon, Meta, Apple, che detengono un potere quasi assoluto. Offrono, per restare nella metafora, “terre digitali” ovvero spazi nei quali gli utenti possono costruire, creare, comunicare. Ma questi spazi non sono davvero nostri poiché non siamo noi a crearne democraticamente le regole.

Proprio come nel Medioevo, accettiamo condizioni imposte dall’alto: algoritmi mutevoli, regole di moderazione variabili, aggiornamenti che possono modificare l’accessibilità ai contenuti. In cambio, tuttavia, otteniamo visibilità, strumenti gratuiti e possibilità di monetizzazione. Possiamo guardare a ciascuna delle piattaforme che utilizziamo proprio come a dei feudi dove la volontà del singolo deve sottostare a regole e algoritmi.

I contenuti che pubblichiamo su piattaforme come Instagram, TikTok o YouTube sono nostri solo in apparenza. È l’algoritmo a decidere chi li vedrà, quando e per quanto tempo.

Eppure, il web è nato come spazio libero e democratico che ha consentito libera espressione e condivisione delle proprie opinioni. Con i decenni, tuttavia, il controllo si è concentrato nelle mani delle big tech company. Basti pensare all’ascesa di Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook e oggi a capo del conglomerato Meta. I creator, le aziende, i professionisti del digitale sono, in definitiva, la nuova classe di vassalli, costretti a sottostare a logiche di mercato spesso inaccessibili o imprevedibili.

Verso una cittadinanza digitale consapevole

La buona notizia è che non siamo senza alternative. Esistono strumenti, piattaforme e approcci che permettono maggiore autonomia.

Ciascuna di queste alternative si basa su una crescente consapevolezza critica da parte degli utenti. La sfida sta nel riconoscere le dinamiche di potere che regolano il mondo digitale e nel trovare spazi alternativi.

In un siffatto stato di cose, la risposta di alcuni è stata addirittura la drastica riduzione del tempo trascorso sulle piattaforme, recuperando i propri spazi nel mondo reale.

La consapevolezza è la chiave, dunque. Essa non avrà il potere di spezzare le logiche sottese al feudalesimo digitale, ma ci consente di comprenderne i limiti.