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Smart working: presente e futuro

Lo smart working, grande sconosciuto per molti fino a pochi anni fa, è ormai diventato una pratica consueta per tutte le aziende, più o meno grandi, ma anche per la PA.

Diffusosi con l’avvento dell’emergenza sanitaria, il lavoro agile continuerà ad essere adottato in molti contesti lavorativi, a patto che il tipo di attività svolta lo consenta.

Sono necessari, però, dei chiarimenti in proposito, poiché la situazione transitoria che stiamo vivendo sta generando non poca confusione.

Dal 2017 ad oggi

Iniziamo col dire che, in Italia, la normativa che regolamenta lo smart working risale al maggio del 2017.

Per la precisione, la Legge 22 maggio 2017 numero 81, all’articolo 18, recita: “Le disposizioni del presente capo, allo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, promuovono il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa”.

Ci preme, in questa sede, sottolineare la necessità di accordo tra le parti prevista da questa modalità lavorativa, necessità venuta meno con l’avvento della pandemia per facilitare l’iter burocratico, grazie al decreto attuativo del 23 febbraio 2020 n. 6.

Dal 1° aprile 2022, sarebbero dovute venire meno le deroghe all’utilizzo dello smart working, ricostituendo l’obbligo dell’accordo individuale tra azienda e dipendente.

Non sarà così, invece, in quanto la modalità di segnalazione semplificata dei lavoratori in smart working è stata prorogata al 30 giugno 2022.

Quanto detto, riguarda le aziende private poiché, per i dipendenti pubblici, già dal 15 ottobre 2021 è stato disposto il rientro in presenza e il ricorso al lavoro agile solo previo accordo individuale.

Nel settore privato si tornerà agli obblighi di comunicazione ordinari a partire dal 1° luglio 2022.

A prescindere da questioni prettamente burocratiche, bisogna dire che, dopo aver sperimentato un modo diverso di lavorare, con i relativi vantaggi, tanto le aziende quanto i dipendenti stanno accogliendo benevolmente la prospettiva di un’adozione più diffusa dello smart working nel nostro Paese

Quale sarà, dunque, il futuro dello smart working?

Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio smart working, ha definito il Lavoro Agile come “una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”.

Da questa definizione appare chiaro come lo smart working sia il risultato di un percorso di profondo cambiamento culturale, un’evoluzione profonda dei modelli organizzativi aziendali.

Si tratta di un processo ben più complesso rispetto a quello avvenuto all’indomani dello scoppio della pandemia, quando il termine smart working ha rappresentato più che altro un sinonimo per telelavoro.

Sarà dunque necessario, da questo momento in poi, agire su più leve, quelle su cui si basa il lavoro agile:

  • revisione delle policy organizzative;
  • flessibilità di orari, luoghi di lavoro, comportamenti e stili di leadership;
  • dotazione tecnologica;
  • layout fisico degli spazi di lavoro.

Le leve dello smart working

Innanzitutto, quindi, si ci dovrà abituare ad una definizione del lavoro per obiettivi e non più per ore lavorate, una concezione che presuppone una maggior fiducia verso i dipendenti.

Altro elemento importante è la flessibilità, in termini di orario e di luogo in cui si svolge l’attività lavorativa.

Pilastro fondamentale del lavoro agile è, ovviamente, la dotazione tecnologica di supporto: cloud, device portatili e tutti gli strumenti che garantiscano la collaborazione in tempo reale del team. Si parla, quindi, di tecnologie avanzate per connettere persone, spazi, processi di business,

Altra leva importante, infine, è la riconfigurazione degli spazi fisici che devono evolversi per supportare le differenti esigenze delle persone quando si recano in ufficio.

 Ma vale la pena dar vita a questo importante processo di cambiamento?

La risposta è: si. Sono indiscutibili, infatti, i benefici economico-sociali dello smart working, soprattutto in termini di produttività, risparmio di tempo e sostenibilità.